giovedì 3 novembre 2011

Ah, non era pasquetta?

Lo so che volevate sapere come ho trascorso il giorno dei Santi! Però non avevate l'ardire di chiedermelo, perciò vi tolgo dall'imbarazzo e ve lo spiego. Anche perchè stata una gran bella giornata. E se ne parlo solo ora è perchè sono pigra e lenta. Un bradipo, insomma.
Io vivo da sempre a Brescia, ma le radici della mia famiglia sono là, nella terra del prosciutto e del  formaggio, di Verdi e delle biciclette, insomma nel territorio di Parma. Così abbiamo fatto la gitarella, sembrava più una pasquetta che il 1° novembre: io, mia madre e mio fratello siamo partiti la mattina presto, salutando i consorti e la prole per dirigerci sotto il Pò. Abbiamo fatto la visita al cimitero, rivisto parenti che ci ricordavano 15enni, stretto mani di ignoti, versato qualche lacrima, cercato somiglianze nelle foto dei nostri predecessori, letto con attenzione lapidi che portavano nomi insoliti (quanti Otello, Tranquillo, Aldina!), cercato le lapidi più vecchie (un morto nel 1854, forse...), declamato "Novembre" di Pascoli...poi col cuore gonfio di ricordi e rimpianti per chi se n'è andato davvero troppo presto e per chi ci sarebbe ancora e ancora servito,nonostante fosse anziano, siamo andati a fare la nostra personalissima celebrazione e commemorazione dei defunti: al ristorante! In tantissime culture si presenta l'abbinamento "piangiamo il morto e mangiamo", tranne nella nostra, dove la morte è un taboo, indicibile, da nascondere, da occultare. E invece io sento, sento proprio epidermicamente, che c'è un legame forte fra il ricordare chi non c'è più e banchettare in suo onore...cosa sarà? la vita che si riafferma sulla morte? la convivialità come espressione di conforto e vicinanza? il fatto che mio nonno adorava mangiare con gusto? che io e mio cugino abbiamo passato l'infanzia a mangiare al tavolo da soli perchè eravamo i più piccoli e non ci stavamo nella tavola con i grandi? non lo so...tutto questo, molto altro; in ogni modo noi siamo andati a mangiare in una meravigliosa e tipica trattoria niente popò di meno che a Zibello, la patria, per chi non lo sapesse, del culatello. E così fra un piatto di strolghino e uno di capelletti, fra un bicchiere di lambrusco e uno di Nocino (favoloso!), il cuore si è calmato, il sorriso è diventato una risata, il sole si è scaldato un po' e io ho riassaporato l'essere figlia e sorella, per qualche ora, senza altri pensieri, sospesa fra i ricordi e il gusto del presente.

4 commenti:

  1. gli emiliani sono maestri per i nomi (mio papà è di Reggio, ho parenti con nomi improbabilissimi)

    E lo sapevo che alla BambinaGrande dovevo dare un nome evocativo tipo "Tranquilla"!!

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  2. Il nocino... caspita che buono!!!
    Anche noi da piccoli mangiavamo al tavolo dei piccoli... e ora che non lo sono proprio mi piace, con la scusa di Bebè, mettermi seduta ancora là!!!

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  3. io ho trascorso la giornata ad abboffarmi in quel di puglia.
    ormai ogni scusa è buona per mangiare a quattro ganasce.
    mi è piaciuto tanto il tuo post, sappilo. mio padre poi è romagnolo, e a sentir nominare i cappelletti........yuhm.......

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  4. concordo in pieno sul discorso del banchetto.
    la vita deve sempre riaffermarsi sulla morte.

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Che te ne pare? Ne parliamo un po'?

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